Ha la faccia di uno che se la tira?
Probabilmente se lo può permettere. Non è
certo un tipo qualunque, Joe T. Vannelli. Nasce come deejay
nel '77. Diviene successivamente speaker grazie a una
precisa impostazione vocale. Lavora nuovamente come deejay
dall'80 al '92 presso l'After Dark di Milano, locale dove
sperimenta molti stili musicali. Decide poi di mettere a
frutto tutta la sua esperienza aprendo uno studio di
registrazione nell'89. "Don't Deal With Us" è la sua
prima fatica ed è firmata J.T. Company: riscontra un
grande successo. Nasce in questo modo il fenomeno Joe T.
Vannelli, fratello maggiore di quel Nando che tanto si
dà da fare per la Level One: prima con la formazione
del citato gruppo J.T.Company, col quale verranno firmate le
note "Again", "Wet" e "Live My Life", poi remixando uno
stuolo di star, come Rozalla, Banderas, Erasure, Amii
Stewart, Gabrielle, Thelma Houston, Joe Roberts, New Order e
molti altri ancora.
"Seguendo l'evoluzione della musica da discoteca dagli
anni '70, grazie alla mia permanenza dietro la consolle
dell'After Dark di Milano, locale che mi ha permesso ogni
esplorazione sonora, mi sono accorto che ogni genere segue
un filone politico ben distinto. Questo accadeva e accade
tuttora con il rap. Ed è successo pure con
l'acid-house e tutto il suo movimento. Ho comunque degli
ottimi ricordi della prima house music: sia di quella
prodotta a Chicago, che risale all'81, e sia di quella che
arrivò a spopolare in Italia. Mi ricordo che eravamo
tutti molto eccitati nello scoprire quei pezzi di allora.
Particolare era 'Pump Up The Volume', dei M/A/R/R/S, un
brano con delle caratteristiche davvero uniche, che si
basava sulla ritmica e sull'assemblaggio di campionamenti. I
pezzi di adesso hanno comunque sempre la loro
originalità. Credo invece che certi generi, come la
jungle, la drum'n'bass, per il nostro Paese non siano molto
adatti: hanno un buon beat, ma per aprirsi uno spazio nel
mercato necessitano di un titolo forte, dalla giusta fama.
Invece, la house in generale è già arrivata:
tutte le major si stanno preoccupando e a loro volta
attrezzando per ciò che sta accadendo, prendendo in
considerazione sempre più la figura e l'apporto
determinante di noi deejay. Sono convinto che la house
sostituirà la pop. Se non lo ha già fatto. Si
guardino le classifiche per accorgersi di questo".
Joe continuerà a lavorare
concentrando tutti gli sforzi possibili per ogni lavoro. Non
solo: Joe è pure il discografico di Robert Miles,
quindi uno con un certo fiuto negli affari della buona
musica.
"Definisco la house music un insieme di suoni, fantasie e
melodie atte a far vibrare il corpo", precisa. "Una musica,
quella house, nata, consumata, vissuta e lanciata dai disc
jockey. Avendo preso gli spunti adeguati dagli Stati Uniti e
dall'Inghilterra, gli italiani sono riusciti a creare un
loro sound, con una precisa caratteristica: la melodia.
Personalmente, ho sempre seguito il mio istinto. Mi aiuta
tantissimo lavorare di continuo all'estero: il modo migliore
per cogliere in tempo reale le nuove tendenze musicali".
E il futuro di questa house sarà
roseo?
"Chi crea house è sempre mosso da una grande
passione per la musica; non si guarda mai prima di ogni
altra cosa il profilo commerciale. Se poi arriva il
successo, siamo i primi a gioirne; ma si tratta di uno step
successivo. E comunque un buon prodotto house potrà
avere anche buoni, magari ottimi riscontri di vendita, ma
non sarà mai una produzione commerciale. Si fa house
per passione, per amore, oserei dire... per culto".
Mondo House, abitato da strani
personaggi.
"Tutto è partito dai dj americani, come Roger
Sanchez, David Morales, Junior Vasquez, Satoshi Tomiie,
Frankie Knuckles negli Usa e Robert Miles, Kamasutra,
Fathers Of Sound, Claudio Coccoluto e Ricky Montanari in
Italia; oltre a tutti quelli che non menziono per motivi di
spazio, non per dimenticanza ovviamente. Con molti di questi
produttori lavoreremo a diversi progetti dance, quest'anno.
Tutti insieme con un unico traguardo: traghettare la house
music italiana verso il terzo millennio con una
legittimazione mondiale dell'italian style applicato alla
dance".
E' un globetrotter della consolle, Joe T.
Vannelli. Suona regolarmente nei migliori club del pianeta:
dal Pacha di Ibiza all'Heaven di Londra, dal New York Bar di
Milano al Soap di Amsterdam, sino al Kraftwerk di Monaco.
Senza dimenticare le sue tournée negli Stati Uniti,
Giappone e Australia. Tutto questo conciliando la sua
attività di deejay a quelle di doppiatore, remixer,
produttore discografico. Joe è titolare di una delle
più importanti case discografiche di Italia, la J.T.
Company, e un fedelissimo della house music.
"La musica in estate è tribale, latina, con uso di
congas e molte contaminazioni anni Settanta. Le serate house
sono più richieste perché più happy.
Pensiamo a Flat Eric, quello dello spot Levi's: guardatelo
in azione, il movimento della sua testa è un
movimento tipicamente house. Non si scappa. Il disco di Flat
Eric conferma che la nouvelle vague francese detta legge nel
mondo della house. E anche questa va classificata tra le
tendenze Doc".
Estate significa Ibiza.
"A Ibiza suono allo Space, al Pacha durante il
Renaissance, all'Amnesia, al Privilege. Ibiza va inteso come
un autentico paradiso dance, e viene riconosciuto da tutti
come tale. Un'isola da vivere di notte, non proprio di
giorno, se non a pomeriggio inoltrato. Di Ibiza ogni anno mi
colpisce sempre la cartellonistica pubblicitaria, utilizzata
in maniera massiccia per promuovere le serate nei club.
Così le discoteche e i dj diventano autentici miti
per il resto dell'anno, soprattutto per il mercato
anglosassone".
Londra?
"Costituisce per antonomasia la finestra sul mondo
musicale. I londinesi sanno di essere molti avanti rispetto
a tutti gli altri. Diventa difficile ed impegnativo
conquistare il loro rispetto. Ma quando avviene, posso
testimoniarlo in prima persona, ti trattano davvero come un
re".
Germania?
"Significa regolarità, metodologia, precisione.
Come gli organizzatori tedeschi, che restano i numeri uno.
Il loro mercato discografico resta il più importante
da un punto di vista quantitativo. Esiste senza dubbio un
nesso tra queste due realtà".
Winter Music Conference, cioè
Miami.
"Oltre al tradizionale appuntamento in fiera ci sono
vari appuntamenti. In Florida si ascolta e si balla in
anteprima quello che poi potrebbe funzionare l'estate
successiva".
Novità in vista con la
J.T.Company?
"Segnatevi questo nome: Chant e il suo primo singolo,
'Sweet Image'".
Robert Miles?
"Sta lavorando sul suo terzo album, che sarà
pronto entro la fine dell'anno. La nostra collaborazione
prosegue su diversi progetti".
Internet e musica. Come vendere in Rete
brani e come difendersi dalla pirateria?
"Internet è il futuro, se non già il
presente. Artisti come Prince ormai vendono le loro
produzioni esclusivamente in rete. Anche noi stiamo pensando
ad organizzarci, ma prima è necessario avere le idee
chiare su normative, diritti d'autore. Non è male la
possibilità per i navigatori di scaricare dai siti i
brani favoriti e poi riversarli su un cd personalizzato".
Internet, cd, dvd. Però hai
avviato Level One, società di distribuzione
discografica specializzata in dischi in vinile.
"Il vinile non morirà mai. Il dj d'annata
avrà sempre bisogno del contatto fisico con il disco
nella sua accezione classica, soprattutto quando lavora in
discoteca. Lo suoni nei club e dalla reazione della pista
intuisci molto. I risultati raggiunti da Level One ci
incoraggiano: in poco più di un anno di vita abbiamo
raggiunto il 20% del mercato italiano dei singoli. Io e il
mio socio Emilio Lanotte siamo molto soddisfatti".
L'hobby preferito?
"La cucina, innanzitutto. Forse perché trovo
grandi affinità tra il miscelare i dischi e il
miscelare cibo. Non si ottengono sempre gli stessi
risultati, anche se magari gli ingredienti sono i medesimi.
Poi la buona tavola costituisce uno dei grandi piaceri della
vita. Indiscutibilmente".
Un'altra grande passione, la Juventus
"Una autentica tradizione di famiglia. Il mio idolo di
gioventù era Pietro Anastasi. Mi esaltava questo
siciliano che si era conquistato il rispetto di tutta
l'Italia a suon di gol. All'epoca ero il classico emigrato
dal Sud arrivato a Milano, quindi Anastasi era un vero
modello di conquistatore. Poi mi sono appassionato a Zoff,
Cabrini, Scirea, Bettega, Tardelli, Platini, Baggio, Zidane,
Del Piero... Seguo sempre la Juventus. Alla domenica sono
quasi sempre in viaggio, quindi mi trovo in aereo durante le
partite di campionato e sono impossibilitato a conoscere il
risultato delle partite. Appena scendo dall'aereo chiedo
subito che cosa ha fatto la Juve. Un atteggiamento molto
assurdo e un molto irrazionale, me ne rendo conto. Ma la
fede è la fede".
Una curiosità?
"Forse quella volta in cui venne in studio Casey, dei
K.C. & The Sunshine Band, un tipo dal carattere non
molto facile. Nonostante tutto però Casey ci
insegnò una sua tecnica per la registrazione delle
voci. Ma quella non fu altro che una delle tante storie che
possono capitare a coloro che producono
musica".
JT
Company recording
studio