by Ricky
Sada
"Sono
testardo, ordinato e pulito: il mio studio è
come una sala operatoria". Il suo studio è
(quasi) la sua casa. Bruno Guerrini (Milano, 1)
maggio 1969) lo sa, sorride. Cerca di guardare
avanti, lasciando alle spalle un'infanzia trascorsa
tra la creatività di due genitori con la
passione della musica. Oggi Bruno si è fatto
grande, in tutti i sensi. Ed è diventato
davvero pratico. "Quando voglio una cosa me la devo
costruire", dice. "Amo le moto. Ne ho ricostruita
una utilizzando una vecchia Bmw: ora è un
pezzo unico. Come il mio studio e la mia
abitazione, fatti seguendo i miei canoni, i miei
gusti". Pezzo per pezzo, giorno dopo giorno. Bruno
fa così anche le sue canzoni. "Colgo
l'occasione per ringraziare coloro che hanno
riposto in me la fiducia per la realizzazione di
remix importanti". Sta sempre in studio, lontano
dai taccuini, pensa che una chiacchierata sia
qualcosa che ha a che fare con uno spot. Per se
stesso. Per un attimo apre una breccia nella sua
privacy da scapolo, svela manie, tic, passioni. "Mi
piacciono le ragazze belle, more, con un bel
piedino 36, e che abbiano i lineamenti orientali.
Queste sono le mie preferite". Un onesto, Bruno.
Quando un amico ha bisogno, corre.
Specializzatosi "nel campo dell'elettronica", dopo
aver maturato importanti esperienze professionali,
ora si dedica al suo vero grande amore: "la
musica". Il mondo delle sette note lo ha portato
verso la discografia indipendente. Le sue prime
produzioni sono state realizzate utilizzando e
sfruttando al meglio le sue conoscenze, tutte
accumulate nel settore: tra queste, "la
programmazione dei sintetizzatori". Bruno è
un tecnico del suono. "Non solo. Sono un musicista,
ho studiato pianoforte. Per tre anni ho fatto il dj
in alcune discoteche del Bresciano e del lago di
Garda, ma quello in fondo era più che altro
un lavoro per guadagnare un po' di soldi". Il suo
grande passo l'ha compiuto durante i quattro anni
di permanenza all'interno della Media Records, casa
discografica certamente punto di riferimento per
molti dj, produttori e musicisti. Alla corte di
Gianfranco Bortolotti, Bruno ha realizzato hit per
progetti come Cappella, 49ers, Anticappella, East
Side Beat e remix per Pet Shop Boys, Magic Affair e
Salt'N'Pepa. "Move On Baby" di Cappella gli frutta
(poca) fama, (un bel po' di) soldi e (tanti)
stimoli. Deciso in seguito a percorrere una nuova
strada, avvia il Secret Studio e inaugura
l'etichetta BWC Records, "in linea con il suo
sound". Perché Secret Studio? "Ai tempi
lavoravo in Media Records, volevo fare delle cose
diverse dalla solita dance e così mi sono
messo a fare della house underground e della musica
alternativa in casa, con una modesta attrezzatura.
Lo studio era più che altro un luogo dove
poterci ritrovare tra di noi, amici e amanti di
questo genere musicale. Tutto veniva fatto
così, per divertirci, non certo per far
soldi. Erano dischi un po' difficili, da suonare e
quindi da vendere. Ovviamente la storia a
Bortolotti non sarebbe certo andata giù. Per
sdrammatizzare la questione, insomma, per
ironizzare sul fatto lo battezzammo così:
Secret Studio, un nome che ho mantenuto per
tradizione e che mi ha portato fortuna, e da cui
deriva Double S, la firma dei miei remix". E la
BWC? "Era un'etichetta nata dalle iniziali di quei
tre amici che si ritrovavano al Secret. Ora, dopo
svariate disavventure con distributori falliti e
conseguente perdita di denaro, è il marchio
delle mie produzioni: un marchio che associo di
volta in volta alle label più prestigiose
del settore". Come Double S ha realizzato svariati
produzioni e remix, da "Mighty High" di Gloria
Gaynor a "Number One" di Alexia, da "Una Canzone
Per te" di Vasco Rossi a quel "Nel Blu Dipinto di
Blu" di Modugno che forse non uscirà mai.
Bruno è uno dei migliori produttori
discografici del nostro paese. Spesso gli chiedono
se cela qualche trucco, visto che trova sempre il
modo per far sì che i suoi pezzi suonino
perfettamente. "Trovo sempre dei difetti nei miei
missaggi, allora cerco di migliorarmi. Ascolto gli
altri dischi che reputo suonino bene nei club".
Esiste un canone. "Ascolto l'impasto dei suoni e
poi il missaggio è una cosa molto
personale". E i dischi dalla produzione non certo
eccezionale ma che destano ugualmente scalpore,
come "Horny '98" di Mousse T e "Music Sounds Better
With You" di Stardust? "Contengono un'idea forte. E
sono supportati da una promozione vincente". Cosa
comporterà in futuro l'uso smodato del
campionatore, la sua macchina preferita, è
ancora un mistero.
"I suoni, se campionati, aumentano di dinamica e
quindi il risultato è una produzione dal
sound maggiormente aggressivo. E' un aspetto,
questo, che ho capito e compreso molto bene durante
la mia permanenza in Media". Bruno Guerrini e
l'arte del campionamento. Non solo. Sembra infatti
che non basti campionare un bel suono per renderlo
efficace. "Se campioni un suono sicuramente eviti
di doverlo troppo comprimere e ritoccare. Bisogna
in ogni caso potenziarlo e renderlo di nuovo
dinamico per evitare di ritrovarsi con una manciata
di sample troppo deboli per rendere in discoteca;
discoteca che resta l'obiettivo primario dei miei
prodotti". Ultime sua perle, oltre a El Cubano,
Systematic, 4Majo e Double Somersault. "Sto
lavorando ad una serie di remix. Oltre a questi sto
realizzando il nuovo singolo de El Cubano, estratto
dall'album omonimo. Imminente è poi l'uscita
di progetti house interpretati da cantanti molto
bravi. Tra una produzione dance e l'altra, lavoro
su progetto italiano molto interessante. Era il mio
sogno nel cassetto. Ovviamente la precedenza
è per i remix commissionati dalle
multinazionali". Remix, il suo pane. "Quando una
casa discografica commissiona un remix dovrebbe
trovare il giusto compromesso tra qualità e
costo del prodotto.
Ma spesso ciò non accade. Le case
discografiche cercano di risparmiare spesso
affidando lavori a produttori improvvisati. E' un
circolo vizioso che porta a un ribasso esasperato
dei compensi". La crisi. Il produttore ha dei costi
da mantenere. Ma lo stesso vale per le records
company. "Anche qui i compromessi sono all'ordine
del giorno". Voglia di grandi canzoni, furbe idee e
nomi assai noti. "Forse abbiamo i migliori
produttori del mondo, soprattutto nella dance, ma
non sono valorizzati a causa dell'esterofilia
paranoica che trionfa nel nostro Paese. A volte
basta ascoltare alcuni prodotti con orecchio
diverso, prima di licenziare prodotti dance
dall'estero, o dall'America o dall'Inghilterra".
L'iter è quello di sempre: una produzione,
il dat da piazzare a una label da cercare, infine
la lotta all'ultima proposta. Poi di nuovo in
studio. Solo o magari in compagnia. "A differenza
di molti musicisti, la cosa più piacevole
è quella di collaborare con i dj, con cui
spesso realizzo le mie produzioni. Con loro sono in
sintonia ed è per questo che riesco a
concretizzare in modo veloce le loro idee. Mi
ritrovo comunque a volte ad avere a che fare con
delle persone che pensano di aver già
realizzato un disco dopo aver campionato un groove,
invece la cosa è molto più
complessa". Ascolta tutti i generi di musica, ma la
sua preferenza cade sulla house, "americana,
cantata. Mi ispira. Suggerisce, ogni volta,
qualcosa ai miei remix, ai miei pezzi inediti,
anche perché realizzare un prodotto serio
cantato non è uno scherzo. Non è
certo come fare un pezzo techno, con un riff in
loop: devi fare un buona melodia, una base, un
testo, cercare una cantante adatta alla situazione,
curare bene la stesura, il missaggio (su cui sono
molto pignolo) e una serie di dettagli che danno
una qualità alta alla produzione. Ho avuto
la fortuna di conoscere personalmente Todd Terry, i
Masters At Work, Benji Candelario, con cui ho
lavorato, e con enorme piacere ho scoperto la loro
semplicità. Sono solo persone che amano la
musica e non figure irraggiungibili". Apriamo una
parentesi: digitale o anaogico? "Dipende quanti
pezzi devi fare e quindi gestire. Se devi aprire e
chiudere parecchi lavori allora sì che hai
bisogno del digitale; certo che con l'analogico
è tutta un'altra cosa". Quindi? "Uno deve
fare una scelta, in studio. Oggi per
praticità tutti lavorano col digitale.
L'ideale sarebbe gestire digitalmente l'analogico,
ma pochi si possono permettere certi budget.
Bisognerebbe avere dei digitali tipo il Neve che
hanno frequenze di clock altissime, 48 bit a 96
KHz". E per fare la dance. "Tutto è buono,
dipende dall'orecchio che uno ha. Uno più ha
esperienza e meno ha problemi". Hai da poco
rivoluzionato il tuo studio. Come ti comporti con
il suono digitale dello Yamaha 02/R? "Usare la
macchina ma con cautela". Problemi legati ai
computer: Pc o Mac? "Senza dubbio Macintosh". Le
scelte attuali? "Non sono più da farsi tra
un banco analogico o uno digitale, bensì
capire se fare tutto col computer oppure lavorare
con macchine dedicate". Pro e contro del primo e
del secondo caso. "Se uno fa tutto col computer
risparmia spazio e soldi ma se il computer
s'impalla? Nel secondo caso si possono avere
più spese ma la resa è
differente.
Adesso è troppo presto per fare le cose col
computer perché questo non è
abbastanza veloce e poi comunque il computer non
nasce per fare musica. Io sono propenso per le
macchine dedicate. Uno che fa house americana non
può produrre con il digitale, ha bisogno di
evidenziare il soul, l'anima della canzone". Oggi
ci sono molte strade. "Bisogna vedere quale
percorrere. I ragazzi giovani nascono col computer
e amano la praticità". Rebirth e Tb-303
Roland: sono in molti a ostinarsi sulla differenza.
"Sono suoni generati diversamente. I giovani d'oggi
dovrebbero imparare a capire le origini di un
generatore di suoni; s'improvvisano tutti tecnici
del suono, programmatori. Il funzionamento di un
synth analogico, ecco cosa capire: da dove nasce il
tutto". E cosa dovrebbe fare? "La gente non studia.
Poi giri gli studi, chiedi se un'onda è
sinusoidale o altro, e non sanno niente. Poi magari
la hit nasce per scherzo dal Pc di qualche
ragazzino. Capita spesso anche questo". Qual
è lo studio dei tuoi sogni? "Con una
finestra che guarda il lago. Scherzo: tecnicamente,
vorrei un bel banco analogico a controllo digitale,
quindi un total-recall; poi il resto non dista da
quello che ho adesso: una serie di campionatori,
magari con frequenza di campionamento altissima,
insomma istintivi. Qualche analogico? Mannò,
l'importante è il banco". Si è usata
spesso la metafora della cucina: il banco mixer
sarebbe il forno, gli ingredienti per cuocere la
pizza invece i suoni stessi. Allora ci vuole un
ottimo forno e un'ottima ricetta? "Certo, la
ricetta è l'idea". Un macchinario che
recentemente ti ha colpito? "Il Mac G4 è una
scheggia: oggi puoi fare un disco finito con un
computer e per il sottoscritto, che arriva dal
taglia e cuci dei nastri Revox analogici, questo
è incredibile. Sono contento che i prezzi
dei compressori valvolari sia sceso: non tutti
sanno che le valvole, chiamate anche triodi, hanno
un emettitore che non è altro che un
filamento che emette elettroni surriscaldandosi, e
questo ha una durata limitata rispetto a un
transistor tradizionale, e dopo un tot di ore vanno
sostituiti. Chi compra un qualsiasi tipo di
compressore o di preamplificatore microfonico si
assicuri che esistano i ricambi". Come vedi la
tecnologia tra una decina di anni. "Magari avremo
un chip nel cervello, in Internet ci sarà un
casino di musica e allora sarà difficile
sceglierla. Ci saranno tanti siti, tante cose,
tanta scelta".
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